

80 anni al servizio della Parola
Guido Gargano è nato il primo gennaio 1944 a Pulsano, provincia di Taranto, ma come diceva sua madre quando era piccolo cullandolo tra le sue braccia: è di Terra d'Otranto. Il riferimento a Otranto era collegato al culto della Madonna dei Martiri di Otranto. Del gruppo dei martiri facevano parte anche- diceva la tradizione- quaranta giovani del suo paese natio, che si erano arruolati per difendere la città dagli assalti di Maometto II.
In casa si respiravano leggende come questa, alla quale si aggiunsero dei misteriosi riferimenti alla cultura ebraica proveniente dalla vicina città di Oria. A conferma di queste leggende padre Gargano ricorda vividamente, quando aveva sei anni, il nonno deposto nella cassa funebre con la kippah ebraica sul capo, voluta dalla nonna che di gnome faceva Tomai, mentre la sua bisnona materna aveva il cognome Tomaipitinca, di chiara origine ebraica naturalizzata cattolica.
Da parte di padre, la nonna Giuditta, che ispirandosi al padre di suo marito -Tata Jacov Giacomo- aveva dato lo stesso nome al suo primogenito, alludeva a sua volta, col suo cognome (Calò-ro) e, più ancora, col cognome di sua madre (bisnonna di Guido), che faceva Franzoso, probabilmente con riferimento a un qualche clan di origine ebraica, giunto in quei territori dopo la cacciata dalla Spagna del 1492.
La memoria degli antenati potrebbe aver influito dunque, in maniera atavica, a far maturare in padre Gargano l'interesse per la storia del popolo ebraico, che lo spinse a fondare , nel 1980, i Colloqui ebraico-cristiani, che continuano ancora oggi a essere organizzati nella foresteria del monastero di Camaldoli.
L'amore molto precoce per Gesù gli fu trasmesso dalla catechista, cugina di sua madre Rosa Tomai che gli insegnò a relazionarsi con grande intimità con Gesù fin dall'età di quattro anni, preparandolo alla Prima Comunione, ricevuta all'età di cinque anni. Fin da quel momento il piccolo Guido cominciò a rapportarsi con Gesù come un amichetto, con molta intimità e il dialogo con Gesù divenne la costante di una intimità infantile dentro la quale il piccolo Guido raccontava di sé, e chiedeva tutto ciò che desiderava all'amico Gesù. La sua curiosità nella conoscenza sempre più intima di Gesù fu perciò naturale.
A soli otto anni aveva deciso di lasciare la casa paterna per prepararsi a diventare un sacerdote, e infatti, dopo la Prima Comunione, aveva già iniziato a imitare le movenze del sacerdote intento a celebrare, e perfino a confessare il fratello, di due anni più grande, approfittandone per riprenderlo quando si ribellava alla mamma. Inoltre aveva cominciato perfino a predicare di fronte al nonno Tata Nino, morto nel gennaio del 1950. Soleva arrampicarsi sulla seggiola come se parlasse da un pulpito, generando in tal modo ilarità, perché si rivolgeva a lui con le stesse parole usate dal parroco quando iniziava le omelie dicendo. "Figlioli miei dilettissimi!"
A scuola si era dimostrato molto vivace, e per questo fu considerato un ragazzino intelligente che doveva essere incoraggiato a proseguire negli studi. Tutto ciò contribuì a permettere al piccolo Guido, che all'epoca aveva circa nove anni, di partire per il Seminario minore il 10 ottobre 1953 presso la Badia di Bonsollazzo nei pressi di Firenze, in un collegio dei Camaldolesi di cui la mamma aveva sentito parlare da padre Benedetto Calati, del quale essa era stata la catechista, e che conosceva molto bene perché la sua famiglia, essendo molto povera, era stata aiutata con generosità, grazie ai raccolti provenienti dalla campagna del nonno discreto proprietario di terre del paese. Invece di fare ingresso al Seminario, Guido entrò dunque in un Collegio che, per la cultura rurale del suo paese, significava ricevere un'educazione pari a quella dei figli dei cosiddetti notabili di un paese del Sud.
Il trasferimento in Toscana se, da una parte, riempiva Guido di gioia, perché sapeva che, proseguendo per quella strada, sarebbe diventato sacerdote, dall'altra, gli costò moltissimi sacrifici, in quanto gli altri compagni di scuola lo guardavano con supponenza, considerandolo soltanto un "terrone", perché proveniva dal Sud, e quindi ovviamente più ignorante. Guido impiegò, infatti, almeno tre mesi per iniziare ad esprimersi in lingua italiana, e per di più con forte accento meridionale. Con tutte le ironie tra ragazzi che si possono facilmente immaginare.
In quegli anni Guido ebbe poi la fortuna di incontrare, oltre a don Lorenzo Milani, anche Giorgio La Pira, che partiva volentieri da Firenze per far visita, di tanto in tanto, ai ragazzini dei camaldolesi suoi amici, per portare qualche regalo adatto alla loro età.
A quindici anni Guido entrò in noviziato presso i camaldolesi di Fonte Avellana e cambiò nome in quello di Innocenzo. Il 29 settembre 1960 (avendo 16 anni) fece la prima professione monastica al Sacro Eremo di Camaldoli. E a Camaldoli frequentò i tre anni di liceo, nonché l'anno propedeutico dedicato alla conoscenza della Scolastica, finché finì per approdare a Roma mentre il Concilio Vaticano II era ancora in corso.
Alla età di venti anni ci fu, per Guido Innocenzo, la svolta decisiva. A Roma iniziò infatti a frequentare il Pontificio Ateneo Sant'Anselmo, il che implicava l'aprirsi al mondo senza più riferimenti né regionalisti, né nazionalisti, per assaporare una vita accademica senza più invidie e gelosie. Poté frequentare le lezioni dei professori di quel" tempo" discepoli di: A. Stolz, C. Vagaggini, B. Häring, J. Dupont, J. Gribomont, J. Leclercq, E. Lanne, K. Rahner, H. de Lubac, H. von Balthasar, che avevano avuto molta importanza nel Concilio Vaticano II, e nell'edizione della collana Mysterium Salutis voluta e diretta da Lohrer Magnus e collaboratori come Basil Studer, ed altri dello stesso livello che avrebbero significato molto nel periodo immediatamente succesivo al Vaticano II.
Nel frattempo Guido Innocenzo divenne un discepolo assiduo di Benedetto Calati, e fu affascinato dalla ventata di novità proveniente dal Concilio ancora in corso, maturando il desiderio di spendersi senza alcun risparmio in ciò che gli stava a cuore e chiedendo a Gesù, con cui -diceva agli amici- non aveva mai cessato di dialogare in tutti quegli anni col metodo impartitogli dalla sua catechista, scoprì molte cose. Per esempio, che il respiro ecumenico stava incidendo sulle sue origini di erede, sia pure lontanissimo, della Magna Grecia, della tradizione bizantina, ma anche della tradizione ebraica.
Il 14 settembre 1967 (avendo 23 anni) fece la sua professione solenne come monaco camaldolese e all'anno seguente, il 28 luglio nella chiesa dell'Archinobio di Camaldoli per le mani di mons. Angelo Scapecchi, Vescovo Ausiliario di Arezzo, ricevette l'Ordinazione Sacerdotale.
Consegue due licenze, una in Teologia, con una tesi su La Teologia mistica della Chiesa d'Oriente di Vladimir Losskij, diretta da E. Lanne; e un'altra in Scienze Ecclesiastiche Orientali, con una tesi sulla Vita di Mosè e l'esegesi biblica di Gregorio di Nissa, diretta da T. Spidlík. Inoltre, frequentò per un anno, grazie a una borsa di studio, la facoltà teologica dell'Università di Atene in preparazione al Dottorato, facendo tesoro dell'insegnamento di Nikos A. Nissiotis, e di due visite al monte Athos in cui incontrò due grandi personsaggi (starets o "gerontes") canonizzati dalla Chiesa Ortodossa Greca in qui stabili amicizia: Paisios e Porfirio, con i quali stabilii amicizia. Al suo ritorno dalla Grecia ebbe poi l'occasione di frequentare un semestre in California presso lo GTU di Berkeley, al quale si aggiunse un trimestre estivo all'Università di Monaco di Baviera, dove approfondì la conoscenza della lingua tedesca appresa con tre anni di corso al Goethe-Institut di Roma.
Questo tipo di studi fornirono Guido Innocenzo di una mens teologica ed ecumenica e una cultura generale che fino ad allora gli era rimasta sconosciuta, ma soprattutto essi accentuarono la sua particolare sensibilità verso la cultura ebraica, che divennero parte integrante della sua identità teologica e spirituale. La conoscenza de visu delle tragedie, prima di Dachau e poi di Auschwitz, lo marcarono in modo indelebile per tutto il resto della sua vita. Gli interessi di Guido Innocenzo mutarono perciò radicalmente, finché non si accorse che non poteva per nessun motivo ignorare queste tragedie, ma il primo ebreo, amato e studiato, restava sempre Gesù. Iniziò così a interessarsi delle Quests su Gesù di Nazareth, cercando di collezionare ogni contatto che potesse provenire sia dai cristiani sia dagli ebrei, per conoscere al meglio Gesù di Nazareth che la sua fede cristiana riconosceva come Cristo e Figlio di Dio.
I Colloqui di Camaldoli furono per più di venticinque anni il suo interesse primario. Ed essi permisero di far riaffiorare sempre più la necessità di conoscere approfonditamente ciò che avevano scritto di Gesù i Vangeli e gli Atti degli Apostoli e tutti i libri del Nuovo Testamento, compresa soprattutto, la letteratura paolina. Spesso Guido Innocenzo ama ricordare che tra i suoi amici più intimi di quegli anni non c'erano soltanto personaggi ebrei come Lea Sestieri, il rabbino capo di Roma Elio Toaff e lo psicanalista Gianfranco Tedeschi, ma anche cristiani come, per esempio Gabriele Boccaccini, ritenuto oggi tra i migliori ricercatori contemporanei dell'eredità ebraica, e di quella enochica in particolare.
L'intenso studio del Nuovo Testamento permise a padre Innocenzo, su invito di padre Ignace de la Potterie, di diventare professor invitatus al Pontificio Istituto Biblico sulla cattedra di Storia dell'esegesi biblica, per dare lezioni di esegesi patristica; un insegnamento che mantenne per trenta anni fino al suo pensionamento e che gli permise di dare inizio ad una collana di esegesi patristica della Bibbia con un taglio tutto particolare come evidenziano soprattutto il primo di quei volumi: Il sapore dei padri della Chiesa nell'esegesi biblica (2009); e l'ultimo quello conclusivo che ha per titolo Il mistero della mandorla. I Padri della Chiesa e il cammino cristiano verso la santità (2021).
L'incarico alla cattedra del De Trinitate della Pontificia Università Urbaniana, fornì infine a Guido Innocenzo l'occasione per insegnare che la fede cristiana nasceva e si sviluppava grazie alla tradizione viva d'Israele, tenuto conto dei debiti distinguo e di stabilire che la fede è e rimane un dono ineffabile di Dio in cui solo a partire dalla cosiddetta Lex Orandi si può articolare qualcosa sulla cosidetta Lex Credendi.
Infatti -insegnava padre Gargano- i Padri della Chiesa insistevano sull'unità dei due Testamenti, tanto da concludere che, senza riferimento a questo principio fundamentale, era impossibile conoscere qualcosa della persona di Gesù e del suo insegnamento, giacché la confessione di fede cristiana comporta che Dio è Padre, Figlio e Spirito Santo, ma che tuttavia è altresì impossibile parlare di questo ineffabile mistero senza immergerlo nelle acque sorgive della fede di Israele. Pensiero che si evince dai due volumi dedicati al mistero della Trinità che compendiano il suo insegnamento alla Pontificia Università Urbaniana.
Con facilità possiamo comprendere, a questo punto, la poliedricità degli interessi che hanno ispirato Guido Innocenzo Gargano. Essi furono nutriti dall'assidua lectio divina e dalla conoscenza approfondita dei Padri della Chiesa, soprattutto dei Cappadoci e più tardi di San Gregorio Magno e San Pier Damiani. In realtà la vita di padre Gargano si è polarizzata attorno alla Parola di Dio mettendosi umilmente al servizio nell'annuncio, nel dialogo , nella ricerca teologica e nella pratica pastorale.